Giulia Martino, giovane pittrice contemporanea, ha da sempre alimentato una profonda e sincera vocazione per “Le Belle Arti”, esprimendo liberamente quel suo universo interiore, costellato di fantasia, creatività, ingegno gestuale.
Le sue caratteristiche più evidenti, sono comunque riversate sulla corposità materica del colore. Un colore solare purissimo, mediterraneo, capace di esorcizzare antiche emozioni, costumi secolari, essenza, laddove le invenzioni predilette, ovvero gli infiniti spazi di quei suoi dinamici cieli immersi in iperbolici vortici, uniti alle abbaglianti panoramiche africane caratterizzate dalla movenza ritmica, sprigionano una trasparente poetica che assurge a sinfonia, conquistando il traguardo metafisico-surreale del pensiero dominante, immerso in continue meditazioni intimistiche, indirizzate alla continua ricerca. La perfezione del creato e l’immensità in esso racchiusa, costituiscono una pietra di paragone ideale, attraverso cui, la struttura pittorica portante di ogni interpretazione, esalta un autentico senso di libertà.Dall’analisi estetica rivolta agli ariosi dipinti sciabolati dalla viva luce, assistiamo ad una sintassi evolutiva, che grazie alle veementi doti genetiche insite nell’Artista, lascia visitare un ingegno acuto ed audace, laddove dal paesaggio e dalla figura lungamente corteggiati, si giunge direttamente ad una vera e propria “performance pittorica”, densa di simboli e di allegorie, sublimata dall’emozione diretta che coinvolge l’osservatore, immettendolo in un’ eterea dimensione spirituale.
Nell’Arte del “Bel dipingere”, sono indispensabili talune prerogative che se si hanno, si hanno da sempre; alludiamo alla conoscenza delle anatomie, alle leggi prospettiche, agli equilibri cromatici, all’equazione costruttiva, che oltrepassando il decorativismo, conducono rapidamente alla sintesi. E Giulia Martino ne ha di virtù, e di vario genere: nel bagaglio del suo itinerario espressivo, sono infatti presenti, oltre alle basi formali, l’umiltà, la saggezza, il nitidore , l’armonia, l’innocenza dell’eterna fanciulla innamorata dei sogni e della gioia di vivere. Tutto questo è condensato con sorprendente abilità in ogni tela, ben oltre l’aspetto puramente evocativo.
Nell’unica opera scultorea, eseguita in creta: un pugno chiuso proteso verso l’alto, in cui nonostante la drammaticità del modellato, non esistono violenza e ribellione, si avverte un senso di estrema sofferenza contro l’avverso destino che colpisce senza pietà. Perché gli assunti di Giulia Martino, sono lo specchio del tempo: memore della grandezza della migliore tradizione, Ella vive attivamente un presente che è già preveggenza. E quella particolare atmosfera, tagliente ed acuta, sovrasta ogni dipinto, racchiudendo l’arcana vicenda dell’uomo del nuovo millennio, consapevole di essere solo innanzi ai grandi interrogativi del quotidiano.
Affascinati dunque da una galassia remota posta al di fuori dell’immaginario collettivo, annotiamo continue “innovazioni pittoriche” dense di contenuto e di plurime valenze. L’impetuosità della natura, l’amore per le creature che popolano il globo terrestre, i significativi tracciati mnemonici derivati dall’antica cultura, il sorriso e soprattutto la smania esistenziale, sconfitto il violento impatto con la globalizzazione ed il consumismo, offrono alla paladina del colore, ampie possibilità che le permettono di instaurare un’aperta dialettica con istanti poetici purificati da delicatissime sensazioni.Donde l’affascinante tavolozza, dominata fatalmente dalle prorompenti e calde tinteggiature del blu di prussia, dei gialli cadmio, dei rossi, degli aranci, dei verdi smeraldo, concepisce tempestivamente le soffuse velature dell’iride, tempestate di mille bagliori. Così il fuoco del dettato rappresentativo s’incunea nell’energia assolvitrice che alberga nell’animo degli esseri nobili e sensibili.
Giulia Martino dipinge per vocazione, talvolta dal vero, ma predilige “creare all’istante”, esternando l’attimo fuggente dell’ispirazione che insorge all’improvviso, come un fulmine in una notte stellata. Fra le opere più suggestive, citeremmo ” I tre leoni ” (fierezza, regalità, coraggio), “Mietitori” (tenero ricordo dedicato alla dura fatica degli indimenticabili avi), “Barcaiolo notturno” (lirica impaginazione) ed ancora le alterne tematiche dei campi di grano maturo arrossato dai giovani papaveri cullati dal vento, i rigogliosi fiori di campo, le nature morte, la nutrita serie dei paesaggi metafisici, in cui il silenzio e “l’assenza-presenza” della figura, donano all’insieme un’oggettiva originalità. Quindi “Poesia della musica” rara e preziosa litografia numerata, ricolma di contenti etico-morali, ed infine “Addio Vincent“, laddove la drammaticità della scansione chiaroscurale rievoca un enorme dramma, celebrato con grandissima pietà, e stemperato da una silente ovazione che l’Autrice rivolge all’immortale Maestro olandese.
Dunque un coacervo di immagini lievi, violente, accese, sussurrate, gridate, suoni, colore e soprattutto ardore creativo; valenze primarie che inducono partecipazione.
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